Lojze Spacal

Di seguito, la continuazione dell'articolo scritto da Angelo Labbate su "Paese" del marzo 2011 su Lojde Spacal, "il primo fotografo del Maggio di Accettura".

 

Ad Accettura Spacal scopre anche la sua passione per la fotografia. Per alleviare il soggiorno obbligato in un lontano e sconosciuto paese, si fa spedire la vecchia Leica, che gli aveva regalato lo zio Anton. In paese non c’era un fotografo. Per le necessità, anche per la foto ricordo del matrimonio, bisognava attendere la festa patronale di San Giuliano, quando arrivava il fotografo ambulante don Attilio Tagliente con il suo banco ottico. Sosia di Salvador Dalì, per la corporatura esile e longilinea e i lunghi baffi arricciati, ancora oggi nell’immaginario collettivo è il “fotografo”. Intuendo le esigenze della piccola comunità, Spacal si organizza come un fotografo professionista e allestisce un laboratorio per lo sviluppo. Fa fototessere per carte di identità e passaporti, scatta fotografie in occasione di matrimoni, funerali, prime comunioni e feste e si rivela un acuto osservatore della vita del paese. Dell’intensa attività del periodo accetturese, resta ben poco. Un blocco di 6 fotografie, di proprietà degli eredi Spacal, attualmente esposte al Museo d’arte moderna di Lubiana, stampate in gelatina d’argento, con bordi fustellati, cm 13 x 8, firmate dall’autore. Si tratta, in genere, di fotografie socialmente impegnate, come il calderaio ambulante, la bambina alla fontana, il primo bacio, i bambini che addentano una fetta di pane; ma anche sperimentali, come la natura morta che ritrae un mazzo di violette. Di particolare interesse la foto che ritrae una delle fasi della festa del “maggio”, sia perché è il primo documento datato del noto rito arboreo che si celebra ad Accettura, sia perché reca sul retro un’annotazione di pugno dell’autore:«Accettora 26.5.1931 Hanno impiantato l’albero della cuccagna, però non è ancora dritto perché aspettano la signora Giuliana (sic) che sta arrivando con la processione. Gli uomini che sono sull’albero stanno aspettando per legare le funi. L’albero con l’apice è alto 36 metri. In cima sono legate 12 galline e galli, 5 conigli, 10 piccioni e 10 agnelli e capretti». Ben poche sono le persone intorno al “maggio” in un momento spettacolare. È la prova documentale che il rito arboreo era considerato un evento “barbaro”, una faccenda di cafoni in cui non era conveniente mischiarsi. Tre foto, miracolosamente conservate da Totonno Defina, sono state rintracciate ad Accettura: il gregge, il pranzo in campagna e il vicolo con neve. Anche queste manifestano l’interesse sociologico di Spacal. Dopo l’esperienza di Accettura, come mostrano le altre immagini esposte a Lubiana, Spacal usò la fotografia in funzione della pittura. Tornato in libertà, Spacal si dedicò allo studio dell’arte, frequentando il liceo artistico di Venezia. Conseguito il diploma, insegnò nelle scuole slovene di Trieste. Il 1936 si iscrisse all’Istituto Superiore per l’Arte Decorativa di Monza, allievo di Pio Semeghini e Raffaele De Grada, e frequentò da privatista l’Accademia di Brera di Milano. Il 1948, il 1954 e il 1958 espose con successo alla biennale di Venezia ed ottenne il premio internazionale per la grafica e la pittura. Attualmente è il massimo esponente della fotografia, della grafica e della pittura italo-slovene. Trieste e Lubiana se lo contendono e lo annoverano tra i cittadini più illustri. Con mostre e manifestazioni parallele, hanno celebrato il centenario della nascita di un grande artista che non aveva dimenticato Accettura, così simile alla sua Kostanjevica, la stessa vita contadina, la stessa povertà, le stesse usanze. Anche l’albero del “maggio”, come nei villaggi della Slovenia. Quando l’assaliva la nostalgia per quel lontano paese, dove aveva scoperto la sua vocazione artistica, accennava una canzoncina imparata ad Accettura, frequentando le case dei contadini e partecipando alle loro feste: «Aggio saputo c’hai acciso u purche, non mi fa u musse sturte».

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